venerdì 21 febbraio 2014

Bologna-Zanzibar

E alla vigilia di un nuovo viaggio, mi ritrovo seduta davanti ad un Barbera semivuoto e brindo a voi. Brindo alla vostra insicurezza, alla vostra non consapevolezza, alla vostra perdita di baricentro, di razionalità, di autocomprensione. Brindo alla vostra non conoscenza di voi stessi, alla vostra incoscienza. Non sapete cosa volete, non sapete cosa fare, non sapete chi volete, non sapete quando, come, perché. Brindo alla vostra perdita di essenza, alla mancanza di coerenza. Vuoti. Siete vuoti. Siete tutto ciò che prego di non essere ogni giorno. Nel limbo di un'effimera esistenza non vi accorgete che questa è la vostra unica chance, non ci sarà una seconda volta, non ci saranno altre occasioni, una volta andati non tornerete indietro. E vi perdete nei vostri forse, nei vostri ma, nei vostri "sono confuso", "non so cosa voglio". Brindo alla vostra inconclusione, alla vostra perdizione e alla vostra dannazione. Perché siete dannati, perché io soffro delle vostre mancanze, mi dispero per le vostre indecisioni, ma vivo. E voi? Voi, in questo momento cosa state facendo?

sabato 8 febbraio 2014

Provincia Granda, ma nemmeno poi così tanto

E’ la prima volta che mi dispiace andare via da quando i miei hanno traslocato. Sarà che odio quella casa ancora più incasinata rispetto a tutte le altre, sarà che mi ricordo i pianti fatti per il coglione, sarà che detesto sapere i miei lì in difficoltà, ma tornare su tra le mie montagne ultimamente è stato un supplizio. Una forzatura che speravo durasse sempre il meno possibile. Questa volta no. Ed è strano perché contrastante con le conclusioni che ho fatto sulla vita di paese. Sono nata in città e nonostante ami la natura e le cose semplici, probabilmente il ritornare tra la civiltà mi ha allontanato dal paradiso bucolico di Heidi dandomi conferma di ciò che è in realtà: una tomba. Un luogo dove tutto è statico. Nulla cambia. Le persone non cambiano, le abitudini non cambiano. Nulla viene fatto per migliorare o migliorarsi. Ci si scava una piccola fossa e dentro quello spazio angusto ci si sente al sicuro perché lo si conosce alla perfezione. Non è più questione di abitudine. E’ rincoglionimento. Perché non c’è nulla di più rimbecillente del conoscere sempre e solo le stesse persone, di frequentare i medesimi luoghi, di osservare il tempo che inesorabilmente passa, tu passi, ma attorno a te nulla si modifica. Appiattimento mentale. I miei genitori si sono lobotomizzati con la scatola nera, che più non la guardo (quasi un anno ormai) più ne rimango choccata per la nefandezza, falsità e insulsità. I miei amici, persone brillanti e dal cuore d’oro, nonostante abbiano una fossa meno profonda, sono lì, al suo interno, e non capiscono che a forza di stare lì immobili le loro onde cerebrali sono piatte quanto il mare dei caraibi a febbraio. Eppure il senso di nausea e di aria stantia sempre provato, questa volta si è accostato alla speranza. Speranza che i miei vengano via, speranza che chi amo lotti per non morire dentro. E sicuramente al calore che solo queste persone riescono a darmi e che solo riescono a far chiamare un luogo “casa”.