giovedì 21 agosto 2014

Yoga

Riflessione serale: ho un occhio su Queer as Folk e l'altro sulla chat di Facebook. Pagina internet che tengo aperta giusto il tempo di fumare una sigaretta in pausetta a lavoro per "farmela passare" facendomi i fatti altrui e giusto il tempo di sbollire la giornata di lavoro appena arrivata a casa. Stasera, sorprendentemente, sto chiacchierando con una persona piuttosto interessante che fa parte del mio stesso GAS. Scopro che una delle tante iniziative a cui non riesco a stare dietro, è quella di fare lezioni di Yoga all'aperto a Porto Antico. Cavoli, bello! Come si partecipa? Quanto costa? Alla risposta "e' gratis" il mio cervello va in tilt. Almeno un'offerta libera no? Nemmeno in natura? Allora scatta ovviamente una breve introspezione. Al di là di quanto sia triste il fatto che ormai a tutto si attribuisca un prezzo e che non ci sia più un vero concetto di condivisione disinteressata, ho cominciato a ragionare sul fatto che non sono capace a ricevere senza dare. Il contrario mi viene assolutamente meglio. Se per caso ho bisogno di qualcosa, che sia anche un caffè alle macchinette dell'ufficio o un passaggio, io dopo ne rendo il doppio. E' una costante sensazione di dover contraccambiare. Di sdebitarsi. Smettere di dare un prezzo e cominciare ad attribuire valore, per me,
sarebbe anche facile. Ma quanto valore attribuisco alle cose che ricevo e a quelle che do? Interessante sarebbe capire il perché io senta il bisogno di sbilanciare le due parti, ovviamente a mio "favore". Forse per non sentirmi in debito in futuro, per sentirmi in pace con me stessa, o forse perché mi piace più vedere una persona felice in quanto mi rende più felice dell'essere felice io medesima, o probabilmente per far capire quanto importante per me sia stato il gesto nei miei confronti. Non risolverò l'enigma. Ma è bello pensare che alcune persone ti stimolino a sufficienza per mettere pausa ad una serie frociara e ragionare. Quindi...prepariamo il tappetino di Yoga e pensiamo a come condividere la felicità senza per forza dare qualcosa in cambio.


sabato 26 luglio 2014

Mal di ferro

Sono poche le persone che capiranno. Solo quelle che hanno la stessa malattia o che hanno perso sonno, lacrime e lavoro per lei. In realtà non vorrei nemmeno scendere troppo nel dettaglio, ma sapere che torna a casa dopo aver visto la sue bellezza e imponenza abbattute, mi commuove. Mi commuove come se una grande balena bianca ferita a morte fosse portata a spirare in luogo sicuro, lontano da sguardi indiscreti, lontano da scherni e fiumi di colpevolezze. Null'altro deve rubarti la scena. Né i ricordi di quelle notti dormite in ufficio, né i pianti disperati dei parenti dei dispersi, né gli insulti gridati, né le lacrime per i colleghi. Bisogna solo salutarti, e immaginarti come eri, quanta gioia davi, quante fatiche portavi, quante miglia percorrevi, l'odore dei tuoi corridoi, le luci dei tuoi saloni, il suono della tua sirena.
Un giorno mi dissero: "vedrai che quando scenderai ti girerai per guardarla ancora una volta e piangerai perché lasci la tua casa, lasci la tua famiglia, lasci il mare. Si chiama malattia del ferro".

martedì 15 luglio 2014

Switch off the moon

Ci sono gli scogli freddi frastagliati che ti graffiano la pelle e inclinano le ossa. L'aria fredda che lotta contro il caldo del tuo corpo che si muove, gli schizzi dell'acqua che si mischiano al sudore, il profumo della tua pelle e della sua, il sapore del sale sulla lingua, il suono delle onde e il ritmo scandito del respiro. E nessun pensiero in testa. Nessuna voce che ti dice che no, non si fa, no, è immorale, no, è stupido, no, è complicato. Nessuna che voce che ti dice che sì, si può fare, sì, è godersi la vita, sì, è semplice. Niente amore, niente odio. Non è apatia, non sono i negroni sbagliati, solo un pizzico di follia e di serenità. Con te stessa, con il mondo, non lo puoi sapere e nemmeno ti interessa. E' dormire tre ore e sentirne dieci di riposo, aver voglia di buttarsi da una scogliera. E' guardare la luna e pensare, spegniti pure, non ho paura di saltare nel buio.

mercoledì 21 maggio 2014

Live your life as if you were in love, and you will be

Ed è così che con una Marlboro rossa in bocca e 5% di batteria mi viene voglia di scrivere, solo per dire che in me regna la serenità.

venerdì 21 febbraio 2014

Bologna-Zanzibar

E alla vigilia di un nuovo viaggio, mi ritrovo seduta davanti ad un Barbera semivuoto e brindo a voi. Brindo alla vostra insicurezza, alla vostra non consapevolezza, alla vostra perdita di baricentro, di razionalità, di autocomprensione. Brindo alla vostra non conoscenza di voi stessi, alla vostra incoscienza. Non sapete cosa volete, non sapete cosa fare, non sapete chi volete, non sapete quando, come, perché. Brindo alla vostra perdita di essenza, alla mancanza di coerenza. Vuoti. Siete vuoti. Siete tutto ciò che prego di non essere ogni giorno. Nel limbo di un'effimera esistenza non vi accorgete che questa è la vostra unica chance, non ci sarà una seconda volta, non ci saranno altre occasioni, una volta andati non tornerete indietro. E vi perdete nei vostri forse, nei vostri ma, nei vostri "sono confuso", "non so cosa voglio". Brindo alla vostra inconclusione, alla vostra perdizione e alla vostra dannazione. Perché siete dannati, perché io soffro delle vostre mancanze, mi dispero per le vostre indecisioni, ma vivo. E voi? Voi, in questo momento cosa state facendo?

sabato 8 febbraio 2014

Provincia Granda, ma nemmeno poi così tanto

E’ la prima volta che mi dispiace andare via da quando i miei hanno traslocato. Sarà che odio quella casa ancora più incasinata rispetto a tutte le altre, sarà che mi ricordo i pianti fatti per il coglione, sarà che detesto sapere i miei lì in difficoltà, ma tornare su tra le mie montagne ultimamente è stato un supplizio. Una forzatura che speravo durasse sempre il meno possibile. Questa volta no. Ed è strano perché contrastante con le conclusioni che ho fatto sulla vita di paese. Sono nata in città e nonostante ami la natura e le cose semplici, probabilmente il ritornare tra la civiltà mi ha allontanato dal paradiso bucolico di Heidi dandomi conferma di ciò che è in realtà: una tomba. Un luogo dove tutto è statico. Nulla cambia. Le persone non cambiano, le abitudini non cambiano. Nulla viene fatto per migliorare o migliorarsi. Ci si scava una piccola fossa e dentro quello spazio angusto ci si sente al sicuro perché lo si conosce alla perfezione. Non è più questione di abitudine. E’ rincoglionimento. Perché non c’è nulla di più rimbecillente del conoscere sempre e solo le stesse persone, di frequentare i medesimi luoghi, di osservare il tempo che inesorabilmente passa, tu passi, ma attorno a te nulla si modifica. Appiattimento mentale. I miei genitori si sono lobotomizzati con la scatola nera, che più non la guardo (quasi un anno ormai) più ne rimango choccata per la nefandezza, falsità e insulsità. I miei amici, persone brillanti e dal cuore d’oro, nonostante abbiano una fossa meno profonda, sono lì, al suo interno, e non capiscono che a forza di stare lì immobili le loro onde cerebrali sono piatte quanto il mare dei caraibi a febbraio. Eppure il senso di nausea e di aria stantia sempre provato, questa volta si è accostato alla speranza. Speranza che i miei vengano via, speranza che chi amo lotti per non morire dentro. E sicuramente al calore che solo queste persone riescono a darmi e che solo riescono a far chiamare un luogo “casa”.

mercoledì 1 gennaio 2014

Cheers!

Scrivo con tre o forse quattro ore di sonno. Non ricordo a che ora sono arrivata per ubriachezza di stanchezza. So solo che ho camminato tantissimo e ho i piedi a pezzi. Primo capodanno passato a festeggiare. Ho sempre preferito lavorare, paga doppia, zero sbattone per decidere cosa fare o non fare, nessun problema per il "dobbiamoperforzadivertirci". Scettica e con le mie quaranta ore settimanali di lavoro alienante e ultimamente pesante, ho optato per mischiarmi alla gente comune e devo dire che mi è discretamente piaciuto. Il caso ha anche avuto vittoria facile, dato che mi sono ritrovata su una terrazza a contemplare fuochi d'artificio con vista su tutta Genova, e si sa, basta portarmi in alto e farmi ammirare il panorama che mi si ha in pugno, ancora più forse di cioccolata e aperitivo. A causa della mancanza di contratto a tempo indeterminato per adesso non vedo grossi cambiamenti nella mia vita per i prossimi 365 giorni, ma diciamo che banalmente una lista di buoni propositi per quest'anno venturo la voglio fare anche io. Almeno da avere traccia di ciò che vorrei fare e molte volte, volente o nolente, non faccio. 1)Risparmiare e arrivare così a 30 anni con una buona base per comprarmi un buco in cui vivere. 2)Legato al punto 1 decidermi ad avere un conto in banca serio, le Poste Italiane mi hanno rotto le cosiddette. 3)Arrivare ad un livello di tedesco accettabile 4)Fare il dannatissimo C2 5)Andare in Perù quest'estate 6)Andare a Dubai quest'inverno (ma qui più che mettere da parte i soldi sarà l'azienda ad essere l'artefice di questo viaggio) 7)Dieta e tanto sport 8)Parapendio o paracadutismo 9)Fare carriera 10)Se punto 9 non avvenire alzare i tacchi e andarsene dall'azienda o addirittura dall'Italia. Credo sia tutto piuttosto fattibile. A questa breve lista materiale aggiungerei quella astratta che però è da bicchiere di vino in mano e no, adesso vado a farmi tè e biscotti, e procrastino il tutto a quando avrò un atteggiamento più introspettivo.