giovedì 26 dicembre 2013

Psicologia applicata post Hobbit

Mi rubo una ventina di minuti di sonno (chisseneimporta, tanto mi sveglio tra cinque ore dopo averne lavorate otto in un santissimo giorno festivo per gli italiani, ma non per i mangiarane) per esprimere un pensiero or ora partorito mentre mi provavo la mise per domani sera a teatro. Essendo la prima, l'etichetta vuole eleganza, indi per cui ho una montagna di vestiti sopra il letto seppure non per motivi di indecisione, poiché di norma ci ragiono tutto il giorno a tempo perso mentre faccio altro, per poi decidere, aprire con sicurezza l'armadio et voilà pronta per trucco e parrucco. Il problema sta nei chili che ho aggiunto sul mio corpo negli ultimi mesi, e otto chili sono tanti se uno ci pensa, soprattutto quando appunto due vestiti su tre non mi stanno (e avendone tipo sei visto che prediligo jeans e felpe è un gran bel casino). Tuttavia quando mi spoglio non è che non mi piaccia. Anzi penso"minchia D, c'hai due o tre rotoli in più, ma fossi un uomo mi ti farei di brutto ogni giorno". E da queste constatazioni narcisistiche mi è venuto in mente che patisco solo i commenti dei miei fidanzati e di mia madre. Fidanzati non nel senso che ne ho tanti assieme, ma di quelli che ho avuto. Da qui il ragionamento autoanalitico che mia madre ha il vizio di denigrarmi e paradossalmente riesco solo ad innamorarmi di persone che non mi elevano su di un piedistallo, non mi portano sul palmo della mano, ma al contrario, come mammina, fanno di tutto per abbattere la mia autostima. Che appunto non è delle più alte, visto che fin da bambina, tornata a casa, alla frase "mamma ho preso Buono" la risposta è sempre stata "e gli altri quanto hanno preso?".

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